Luigi Riccio, un nome e cognome che molti associano, inevitabilmente, a Rino Gattuso, fido assistente del Campione del Mondo 2006 nella sua esperienza di allenatore girovago. L’amicizia tra Riccio e Gattuso, tuttavia, risale a quasi trent’anni fa, quando entrambi giocavano nelle giovanili di uno straordinario Perugia. I due, poi, salutarono la splendida località umbra per vivere un’esperienza in terra scozzese, ai Glasgow Rangers, in un’epoca in cui moltissime promesse italiane salutavano il Belpaese per approdare, a suon di sterline, nel Regno Unito.
In terra aretina, tuttavia, il nome di Luigi Riccio è associato, inevitabilmente, ad un ricordo non propriamente positivo della storia dell’Arezzo Calcio. Certo, parliamo senza alcun dubbio del momento di massimo splendore del Cavallino negli ultimi quarant’anni. E visti i recenti eventi nefasti che hanno coinvolto gli Amaranto, parlare di quell’epoca lenisce il “doloroso” presente avaro di soddisfazioni, nonostante la recente promozione in Serie C.
Ultima di campionato al cardiopalma
Correva l’anno 2005-2006. Era una calda domenica della fine di maggio, con temperature, in particolar modo nella afosa Pianura Padana, decisamente elevate. L’Arezzo di Gustinetti era pronto a scendere in campo al Garilli di Piacenza contro una formazione, all’epoca guidata da un rampante Beppe Iachini, in una tranquilla posizione di metà classifica. Per l’Arezzo, però, quella partita era di vitale importanza: in palio c’era la qualificazione ai play-off.
Era un Arezzo ambizioso, che doveva fronteggiare, però, la concorrenza di squadre decisamente più attrezzate e non partiva certo con i favori del pronostico dei più noti allibratori dell’epoca, che oggi, come allora, può trovare chi clicca qui per avere una lista aggiornata dei siti aams.
Eppure, giunti all’ultima di campionato, dopo aver passato buona parte del medesimo ai margini della zona play-off, con saltuarie puntate nelle prime sei della classifica, la squadra amaranto si giocava un traguardo storico, che le avrebbe consentito – potenzialmente – di poter agguantare un sogno, chiamato “Serie A”, cullato in buona sostanza soltanto una volta nella lunga ed onorata storia dell’Arezzo Calcio (stagione 1983-1984).
Arezzo, Cesena e Modena: sono tre, in quella calda domenica di fine maggio del 2006, le squadre che si giocano gli ultimi due posti liberi per i play-off, dove sono già qualificate Torino e Mantova. Il Modena, che si presenta con un punto di vantaggio sulle altre due, è di scena a Bergamo contro l’Atalanta già certa della promozione in Serie A, mentre il Cesena riceve la visita di un Hellas quasi certo della salvezza.
Riccio e quel maledetto gol al minuto ottantotto
Tutte e tre le contendenti, quindi, affrontano avversarie con motivazioni blande; tutto si gioca sul filo del rasoio. Ma quanto accade in quel 28 maggio, caldo e beffardo al tempo stesso, lascia di stucco i tifosi aretini. A due minuti dal triplice fischio finale, complice il 3-1 col quale gli uomini di Gustinetti conducono il match in terra piacentina, l’Arezzo è sesto e qualificato ai play-off, nonostante anche il Cesena stia facendo il suo (2-1) contro il Verona.
Al minuto ottantotto, a soli centottanta secondi più recupero al triplice fischio finale, tutto cambia. E cambia per via di un goal che, ai termini del risultato finale, incide poco, ma condanna l’Arezzo al settimo posto e a dover riporre nel cassetto i sogni play-off: Luigi Riccio, centrocampista di grande temperamento del grintoso Piacenza di Iachini, segna il gol del definitivo 2-3.
L’Arezzo di Gustinetti, seconda migliore di quella Serie B, è estromesso dai play-off a causa della peggior differenza reti rispetto al Cesena. Fu quello il “sipario” di una squadra che vedeva nelle sue fila tanti giovani che, poi, hanno calcato il palcoscenico della Serie A: da Antonini a Floro Flores, passando per Carrozzieri e Raimondi, quella squadra era ricca di talento. Ed è stata l’ultima a far sognare i supporters del Cavallino, che si speri torni ad essere ugualmente rampante quanto prima.